per coprirsi di foglie,
prendere fiato sulla sabbia,
sollevarsi sulle ali;
essere un cane,
o carezzarlo sul suo pelo caldo;
distinguere il dolore
da tutto ciò che dolore non è;
stare dentro gli eventi,
dileguarsi nelle vedute,
cercare il più piccolo errore.
Un’occasione eccezionale
per ricordare per un attimo
di che si è parlato
a luce spenta;
e almeno per una volta
inciampare in una pietra,
bagnarsi in qualche pioggia,
perdere le chiavi tra l’erba;
e seguire con gli occhi una scintilla di vento;
e persistere nel non sapere
qualcosa d’importante.
(Wislawa Szymborska, Un appunto, in La gioia di scrivere)
* * *
Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare
domande,
senza stupirmi di niente.
Ho svolto attività quotidiane,
come se ci fosse tutto il dovuto.
Inspirazione, espirazione, un passo dopo l’altro, incombenze,
ma senza un pensiero che andasse più in là
dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.
Il mondo avrebbe potuto essere preso per un mondo folle,
e io l’ho preso solo per uso ordinario.
Nessun come e perché -
e da dove è saltato fuori uno così -
e a che gli servono tanti dettagli in movimento.
Ero come un chiodo piantato troppo in superficie nel muro
oppure
(e qui un paragone che mi è mancato).
Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti
perfino nell’ambito ristretto d’un batter d’occhio.
Su un tavolo più giovane da una mano d’un giorno più giovane
il pane di ieri era tagliato diversamente.
Le nuvole erano come non mai e la pioggia era come non mai,
poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.
La terra girava intorno al proprio asse,
ma già in uno spazio lasciato per sempre.
E’ durato 24 ore buone.
1440 minuti di occasioni.
86.400 secondi in visione.
Il savoir-vivre cosmico,
benché taccia sul nostro conto,
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal
e una partecipazione stupita a questo gioco
con regole ignote.
(Wislawa Szymborska, Disattenzione, in La gioia di scrivere)
* * *
-era così piccolo da stare fra due mani,
così facile che per descriverlo bastava un sorriso,
semplice come l’eco di antiche verità nella preghiera.
La storia non accoglieva con squilli di fanfara:
ha gettato negli occhi sabbia sporca.
Davanti a noi strade lontane e cieche,
pozzi avvelenati, pane amaro.
Il nostro bottino di guerra è la conoscenza del mondo:
-è così grande da stare fra due mani,
così difficile che per descriverlo basta un sorriso,
strano come l’eco di antiche verità nella preghiera.
1945
(Wislawa Szymborska, ***, in La gioia di scrivere)
* * *
Credo nella grande scoperta.
Credo nell’uomo che farà la scoperta.
Credo nella paura dell’uomo che farà la scoperta.
Credo nel pallore del suo viso,
nella sua nausea, nel sudore gelato del suo labbro.
Credo nei suoi appunti bruciati,
ridotti in cenere,
bruciati fino all’ultimo.
Credo nelle cifre sparpagliate,
sparpagliate senza rimpianto.
Credo nella fretta dell’uomo,
nella precisione dei suoi gesti,
nel suo libero arbitrio.
Credo nelle lavagne fracassate,
nei liquidi versati,
nei raggi spenti.
Affermo che ciò riuscirà,
che non sarà troppo tardi,
e che avverrà in assenza di testimoni.
Nessuno lo saprà, ne sono certa,
né la moglie, né la parete,
neppure l’uccello, potrebbe cantare.
Credo nella mano che non si presta,
credo nella carriera spezzata,
credo nel lavoro di molti anni sprecato.
Credo nel segreto portato nella tomba.
Queste parole mi veleggiano sopra le regole.
Non cercano appoggio in nessun esempio.
La mia fede è forte, cieca e senza fondamento.
(W. Szymborska, Scoperta, in La gioia di scrivere)
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.