La primavera

La primavera
... sdegno il verso che suona e non crea (Foscolo, "Le Grazie")

venerdì 21 agosto 2015

J. Fante - L'Arte? La vita.


http://youtu.be/JO7G1v-6Gg4

Hai davanti a te dieci anni per scrivere un libro,
vacci piano, allora,
guardati attorno e impara qualcosa,
gira per le strade.
Il tuo guaio è che non sai niente della vita.

J. Fante, Chiedi alla polvere


Jan Vermeer, La lattaia


La lattaia ha braccia sode e corpo robusto. Non somiglia alle bambole di porcellana degli altri suoi dipinti, e neanche alle loro affettate cameriere. Indossa abiti da poco, il corpetto di camoscio giallo limone cucito grossolanamente, il tessuto logoro delle maniche rimboccate, la stoffa ruvida del grembiule blu, la cuffia sgualcita. Vermeer non ha mai più dipinto una donna di bassa estrazione sociale come lei. Solo donne e ragazze della borghesia (gli uomini gli divennero presto superflui) in occupazioni frivole – bere, suonare, provarsi gioielli. Forse usò come modella Tanneke Everpoel, la domestica della moglie, per anni al servizio dei Vermeer e a loro legata da non banale devozione: nel 1663, durante una lite, si lanciò sul fratello della signora (pazzo violento che finì i suoi giorni in una casa di correzione per delinquenti) impedendogli di piantarle la punta di ferro del bastone nel grembo. La moglie di Vermeer era incinta.
Ma Vermeer spersonalizza la lattaia, come tutti i suoi modelli, privi di identità e inespressivi come maschere. Malraux paragonò i loro volti enigmatici a quelli dei kouroi della Grecia arcaica. La lattaia deriva da altri quadri, perché Vermeer – idolatrato per la minuzia del dettaglio naturalistico – inventava invece non dalla realtà ma dall’arte. Commercianti, birrai, fornai e mercanti di Delft apprezzavano la pittura di genere: scenette ambientate in bordelli, cucine e salotti, che col pretesto di moralizzare descrivevano i costumi contemporanei. Esisteva una Lattaia di Gerrit Dou, “fine pittore” di Leida. Ma Vermeer andò a cercarsi il modello in una Regina Artemisia dell’italiano Domenico Fiasella: un quadro di storia. Era ancora giovane e non limitato dall’ambizione di essere considerato un gentiluomo: fece qualcosa di inaudito (e irripetibile). Diede alla sua serva la dignità di una regina.
La lattaia è sola, nella cucina spoglia. Nella finestra a sinistra, da cui entra la luce del giorno, uno dei vetri è rotto. Gli arredi sono modesti: sul pavimento uno scaldino, sulla parete d’angolo un cesto di vimini e un secchio di rame. E la cornice scura di uno specchio. Che non riflette nulla: la pittura non è copia della realtà. In basso, il battiscopa è una fila di piastrelle quadrate di ceramica decorate con disegni azzurri: artigianato di qualità, sfornato dalle fabbriche di Delft. Vi si riconoscono dei Cupido. Forse alludono all’amore. Cosa pensa la serva mentre, le palpebre basse, assorta, lavora? Sul tavolo, una caraffa, una cesta, forme di pane e la ciotola di terracotta in cui lei facolare un filo di latte. Il pittore la inquadra dal basso. Forse perché dipingeva seduto, e quello era il suo punto di vista. Forse perché così la figura acquistava monumentalità. Vermeer, noto nel ’600 per l’abilità nella prospettiva, costruì attentamente quella di questa tela, in cui si vede ancora il foro dello spillo in corrispondenza del punto di fuga. Sulla mano destra della lattaia. Perché è il suo gesto che deve catturare lo sguardo. La luce batte sulla cuffia, sulla fronte della ragazza, e sul muro dietro di lei. L’effetto del chiaroscuro ritaglia la figura (evidenziata sulla spalla e sul lato sinistro dalla linea di contorno bianca), che sembra sospinta in avanti, verso lo spettatore. Ma il tavolo ingombro di masserizie lo tiene a distanza – di qua dalla soglia. Gocce di colore picchiettate con la punta tonda del pennello (è la tecnica del “puntinato”) riflettono la luce: il manico della cesta e la crosta del pane barbagliano. Il fiotto del latte e la ragazza acquistano una forza epica. Il tempo si ferma, un attimo insignificante si dilata all’infinito e racchiude il segreto della vita.

testo tratto da M.Mazzucco in "la Repubblica", 13.10.2013
























Solitudine

Una solitudine troppo prolungata (...)
ti rende diffidente e ombroso
quando ti trovi faccia a faccia con i tuoi simili
e rischi di commettere nei loro confronti un errore di valutazione.
No, non sono poi così malvagi.

P. Modiano, Perché tu non ti perda nel quartiere.


E. Munch, Melancholie

Storie di ordinaria infelicità


La maggior parte degli esseri umani
vive un'esistenza di tranquilla disperazione

H. D. Thoreau, Walden; or Life in the Woods



R. Magritte, Gli amanti




sabato 11 luglio 2015

Elogio della dimenticanza

G. Severini, Madre che allatta

Buona cosa è la dimenticanza!
Altrimenti come farebbe
il figlio ad allontanarsi
dalla madre che lo ha allattato?
Che gli ha dato la forza delle membra
e lo trattiene per metterle alla prova?

Oppure come farebbe l’allievo
ad abbandonare il maestro
che gli ha dato il sapere?
Quando il sapere è dato
l’allievo deve mettersi in cammino.
Nella casa vecchia
prendono alloggio i nuovi inquilini.    
Se vi fossero rimasti
quelli che l’hanno costruita
la casa sarebbe troppo piccola.

La stufa riscalda. Il fumista
non si sa più chi sia. L’aratore
non riconosce la forma di pane.
Come si alzerebbe l’uomo al mattino
senza l’oblio della notte che cancella le tracce?
Chi è stato sbattuto a terra sei volte
come potrebbe risollevarsi la settima
per rivoltare il suolo pietroso,
per rischiare il volo nel cielo?

La fragilità della memoria
dà forza agli uomini.

(B. Brecht, da Poesie 1933-1938)










venerdì 10 luglio 2015

Saper accettare, saper agire


Io che nulla amo più
dello scontento per le cose mutabili,
così nulla odio più del profondo scontento
per le cose che non possono cambiare.

B. Brecht, da Poesie, Einaudi 2014.


















































Per chi non ha capito

Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli,
ma non avessi la carità,
sarei un bronzo risonante o un cembalo squillante.
Se avessi il dono della profezia
e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza
e avessi tutta la fede in modo da spostare le montagne,
ma non avessi la carità,
non sarei nulla.
Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri,
se dessi il mio corpo per essere arso,
e non avessi la carità,
non mi gioverebbe a nulla.
La carità è paziente,
è benigna la carità;
la carità non invidia, non si vanta,
non si gonfia, non manca di rispetto,
non cerca il proprio interesse, non si adira,
non tiene conto del male ricevuto,
ma si compiace della verità;
tutto tollera, tutto crede,
tutto spera, tutto sopporta.
La carità non verrà mai meno.
Le profezie scompariranno;
il dono delle lingue cesserà, la scienza svanirà;
conosciamo infatti imperfettamente,
e imperfettamente profetizziamo;
ma quando verrà la perfezione, sparirà ciò che è imperfetto.
Quando ero bambino, parlavo da bambino,
pensavo da bambino, ragionavo da bambino.
Da quando sono diventato uomo,
ho smesso le cose da bambino.
Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro;
ma allora vedremo faccia a faccia.
Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente,
come perfettamente sono conosciuto.
Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità;
ma la più grande di esse è la carità.

 S. Paolo – Prima lettera ai Corinzi 13,1





Per le persone facili che non hanno dubbi mai!

Sia lode al dubbio! Vi consiglio, salutate
serenamente e con rispetto chi
come moneta infida pesa la vostra parola!
Vorrei che foste accorti, che non deste
con troppa fiducia la vostra parola.
Leggete la storia e guardate
in fuga furiosa invincibili eserciti.
In ogni luogo
fortezze indistruttibili rovinano e
anche se innumerabile era l'armata salpando,
le navi che tornarono
le si poté contare.
Fu così un giorno un uomo sulla inaccessibile vetta
e giunse una nave alla fine
dell'infinito mare.
Oh bello lo scuoter del capo
su verità incontestabili!
Oh il coraggioso medico che cura
l'ammalato senza speranza!
Ma d'ogni dubbio il più bello
è quando coloro che sono
senza fede, senza forza, levano il capo e
alla forza dei loro oppressori
non credono più!
Oh quanta fatica ci volle per conquistare il principio!
Quante vittime costò!
Com’era difficile accorgersi
che fosse così e non diverso!
Con un respiro di sollievo un giorno
un uomo nel libro del sapere lo scrisse.
Forse a lungo là dentro starà e più generazioni
ne vivranno e in quello vedranno un'eterna sapienza
e spezzeranno i sapienti chi non lo conosce.
Ma può avvenire che spunti un sospetto, di nuove esperienze,
che quella tesi scuotano. Il dubbio si desta.
E un altro giorno un uomo dal libro del sapere
gravemente cancella quella tesi.
Intronato dagli ordini, passato alla visita
d'idoneità da barbuti medici, ispezionato
da esseri raggianti di fregi d'oro, edificato
da solennissimi preti, che gli sbattono alle orecchie
un libro redatto da Iddio
in persona,
erudito da impazienti pedagoghi, sta il povero e ode
che questo mondo è il migliore dei mondi possibili e che il buco
nel tetto della sua stanza è stato proprio previsto da Dio.
Veramente gli è difficile
dubitare di questo mondo.
Madido di sudore si curva l'uomo
che costruisce la casa dove non lui dovrà abitare.
Ma sgobba madido di sudore anche l'uomo
che la propria casa si costruisce.
Sono coloro che non riflettono, a non
dubitare mai. Splendida è la loro digestione,
infallibile il loro giudizio.
Non credono ai fatti, credono solo a se stessi.
Se occorre, tanto peggio per i fatti.
La pazienza che han con se stessi
è sconfinata. Gli argomenti
li odono con gli orecchi della spia.
Con coloro che non riflettono e mai dubitano
si incontrano coloro che riflettono e mai agiscono.
Non dubitano per giungere alla decisione, bensì
per schivare la decisione. Le teste
le usano solo per scuoterle. Con aria grave
mettono in guardia dall'acqua i passeggeri dl navi che affondano.
Sotto l'ascia dell'assassino
si chiedono se anch'egli non sia un uomo.
Dopo aver rilevato, mormorando,
che la questione non è ancora sviscerata vanno a letto.
La loro attività consiste nell'oscillare.
Il loro motto preferito è: l'istruttoria continua.
Certo, se il dubbio lodate
non lodate però
quel dubbio che è disperazione!
Che giova poter dubitare, a colui
che non riesce a decidersi!
Può sbagliare ad agire
chi di motivi troppo scarsi si contenta!
ma inattivo rimane nel pericolo
chi di troppi ha bisogno.
Tu, tu che sei una guida, non dimenticare
che tale sei, perché hai dubitato
delle guide! E dunque a chi è guidato
permetti il dubbio!

B. Brecht, "Lode del dubbio"


. 
Dici:
per noi va male. Il buio
cresce. Le forze scemano.
Dopo che si è lavorato tanti anni
noi siamo ora in una condizione
più difficile di quando
si era appena cominciato.
E il nemico ci sta innanzi
più potente che mai.
Sembra gli siano cresciute le forze, ha preso
una apparenza invincibile.
E noi abbiamo commesso degli errori,
non si può più mentire.
Siamo sempre di meno. Le nostre
parole d'ordine sono confuse. Una parte
delle nostre parole
le ha stravolte il nemico fino a renderle

irriconoscibili.
Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto?
Qualcosa o tutto?
Su chi contiamo ancora?
Siamo dei sopravvissuti, respinti
via dalla corrente? Resteremo indietro, senza
comprendere più nessuno e da nessuno compresi?
O contare sulla buona sorte?
Questo tu chiedi. Non aspettarti
nessuna risposta
oltre la tua.
(B. Brecht, da "Poesie di Svendborg", A chi esita)






Rodin, "Il pensatore"



R







mercoledì 8 luglio 2015

Non solo terra

Quello che tu credevi un
piccolo punto sulla terra,
fu tutto.
E. Morante, esergo de "L'isola di Arturo"



Halder, "E oltre il muro?"

Halder è un artista garganico. La sua lunga esperienza di magistrato lo ha portato a trasferire nell'arte il desiderio di allontanarsi dalle miserie del mondo per cercare nei colori  una dimensione autentica e libera, nella quale ognuno può riconoscersi e sentire che qualcosa gli appartiene. Il ricordo della sua terra è un tema costante nelle tele di Halder e si lega agli affetti, alle memorie, alle persone che non ci sono più, ma che restano sempre.






Profezia


Cos'è che rende scontento il poeta?
Un'infinità di problemi che esistono e nessuno è capace di risolvere: e senza la cui risoluzione la pace, la pace vera, la pace del poeta, è irrealizzabile.
Per esempio: il colonialismo. Questa anacronistica violenza di una nazione su un'altra nazione, col suo strascico di martiri, di morti.
O: la fame, per milioni e milioni di sottoproletari.
O: il razzismo. Il razzismo come cancro morale dell'uomo moderno, e che, appunto come il cancro, ha infinite forme. E' l'odio che nasce dal conformismo, dal culto della istruzione, dalla prepotenza della maggioranza. E' l'odio per tutto ciò che e' diverso, per tutto ciò che non rientra nella norma, e che quindi turba l'ordine borghese. Guai a chi è diverso! questo il grido, la formula, lo slogan del mondo moderno. Quindi odio contro i negri, i gialli, gli uomini di colore: odio contro gli ebrei, odio contro i figli ribelli, odio contro i poeti.

Pier Paolo Pasolini, "La rabbia", in  "Vie nuove",n. 38 del 20 settembre 1962 




Tutto scorre.
Eraclito




Donna

... nel mio cuore amico
scende il ricordo.
Donna: mistero senza fine bello!

G. Gozzano, "La signorina Felicita ovvero la felicità"



Halder, "Risveglio"
Halder è un artista garganico. La sua lunga esperienza di magistrato lo ha portato a trasferire nell'arte il desiderio di allontanarsi dalle miserie del mondo per cercare nei colori e nell'immaginazione una dimensione autentica e libera, nella quale ognuno può riconoscersi e sentire che qualcosa gli appartiene.



Un paese ci vuole

Un paese ci vuole,
non fosse che per il gusto di andarsene via.
Un paese vuol dire non essere soli,
sapere che nella gente, nelle piante, nella terra
c'è qualcosa di tuo,
che anche quando non ci sei resta ad aspettarti

C. Pavese, "La luna e i falò"




Halder, "Il paese"

Halder è un artista garganico. La sua lunga esperienza di magistrato lo ha portato a trasferire nell'arte il desiderio di allontanarsi dalle miserie del mondo per cercare nei colori e nelle atmosfere mediterranee una dimensione autentica e libera, nella quale ognuno può riconoscersi e sentire che qualcosa gli appartiene.






Riso da stolti

Quid rides? Mutato nomine de te fabula narratur.
Orazio, Satire, I,1,69



Rembrandt, L'uomo che ride






Leggere è vivere

Non leggete, come fanno i bambini, per divertirvi, o, come gli ambiziosi, per istruirvi.
No, leggete per vivere.

Gustave Flaubert




Contro il cogito ergo sum

Odio tutte le persone che vivono solo in base ai principi.

A. Gide, "L'immoralista"





La vita è come un mare in tempesta, incontrollabile: a nulla servono principi, schemi, regole. Puoi guardare, remare finché è possibile, poi, però devi saper accettare la forza delle onde.



Più parole, più diritti


Il numero di parole conosciute e usate è direttamente proporzionale al grado di sviluppo della democrazia.

(G. Zagrebelsky, "Imparare democrazia")



Henri Matisse Ancora la vita con libri e candela



“Il numero di parole conosciute e usate è direttamente proporzionale al grado di sviluppo della democrazia. Poche parole, poche idee, poche possibilità, poca democrazia; più sono le parole che si conoscono, più ricca è la discussione politica e, con essa, la vita democratica. Quando il nostro linguaggio si fosse rattrappito al punto di poter pronunciare solo sì e no, saremmo pronti per i plebisciti; e quando conoscessimo solo più i sì, saremmo nella condizione del gregge che può solo obbedire al padrone. Ricordiamo la scuola di Barbiana e la sua cura della parola, l’esigenza di impadronirsi della lingua? Comanda chi conosce più parole. Il dialogo per essere tale deve essere paritario. Se uno solo sa parlare, o conosce la parola meglio di altri, la parola non andrà all’argomento, al “logos” migliore, ma alla persona più abile con le parole, come al tempo dei sofisti. Ecco perché la democrazia esige una certa uguaglianza – per così dire – nella distribuzione delle parole. «È solo la lingua che fa eguali. Eguale è chi sa esprimersi e intende l’espressione altrui. Che sia ricco o povero importa di meno» (1). Ecco perché una scuola egualitaria è condizione di democrazia”. Impariamo da Socrate: «Sappi che il parlare impreciso non è soltanto sconveniente in se stesso, ma nuoce anche allo spirito» (2), il che significa saper riconoscere e saper combattere ogni fenomeno della “neolingua”, nel senso spiegato da George Orwell”.
(Gustavo Zagrebelsky, “Imparare democrazia”)


1 –“Lettera a una professoressa”

2 - Platone,“Fedone”, LXIV


L'Uomo oltre il tempo


Quando conto i colpi dell’orologio che  conta le ore
e vedo il giorno superbo che affonda nella notte odiosa,
quando osservo la violetta a fine primavera,
e i riccioli biondi inargentati di candore;
quando vedo alberi immensi denudati delle foglie
che erano state il baldacchino dei greggi durante l’estate,
e il grano verde dell’estate tutto legato in fasci
portati su carri di spighe pungenti:
allora m’interrogo sulla tua bellezza,
perché tra i guasti del tempo tu dovrai passare,
perché dolcezze e bellezze disertano se stessi:
la loro morte ha il ritmo di ciò che cresce intorno a loro,
e nulla può difenderti dalla falce del Tempo
se  non un figlio, che gli tenga testa quando lui ti prenda.

W. Shakespeare










Il senso della vita



Molte volte ho studiato la lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realtà non è questa la mia destinazione ma la mia vita.
Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;
l’ambizione mi chiamò, e io temetti gli imprevisti.
Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita può condurre a follia
ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine
e del vano desiderio,
è una barca che anela al mare eppure lo teme.

 ("George Gray", da Edgar Lee Masters, "Antologia di Spoon River")








Van Gogh, Barche da pesca in mare

Lo slancio verso l'eternità

Ogni vita converge a qualche centro,
dichiarato o taciuto.
Esiste in ogni cuore umano
una mèta
ch'esso forse osa appena riconoscere,
 troppo bella
per rischiare l'audacia
di credervi.
Cautamente adorata come un fragile cielo,
raggiungerla
sarebbe impresa disperata come
toccar la veste dell'arcobaleno.
Ma più sicura quanto più distante per chi persevera:
e come alto alla lenta
pazienza 
dei santi è il cielo!
Non l'otterrà forse la breve prova
della vita, ma poi
l'eternità rende ancora possibile
l'ardente slancio.

Emily Dickinson















(1830-1886) 

A che cosa serve la cultura


Che cos'è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no.(...) Qual è il contenuto di questo "no"? Significa, per esempio, (...) "fin qui sí al di lá no", "vai troppo in là" e anche "c'è un limite oltre il quale non andrai". Insomma, questo limite afferma l'esistenza di una frontiera. Si ritrova la stessa idea di limite nell'impressione dell'uomo in rivolta che l'altro "esageri", che estenda il suo diritto al di là di un confine oltre il quale un altro diritto gli fa fronte e lo limita.
Cosí, il movimento di rivolta poggia, ad un tempo, sul rifiuto categorico di un'intrusione giudicata intollerabile e sulla certezza confusa di un buon diritto, o piú esattamente sull'impressione, nell'insorto, di avere in qualche modo, e da qualche parte, ragione.
( A. Camus, "L'uomo in rivolta")



Camus - Bellezza e rivoluzione


Tutti i grandi riformatori cercano di costruire nella storia quello che Shakespeare, Cervantes, Moliére, hanno saputo creare: un mondo sempre pronto ad appagare la fame di libertà e di dignità che sta in cuore ad ogni uomo.
La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni.
Ma viene il giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno di lei.

A. Camus, " L'uomo in rivolta"




Discorso all'umanità


Saper vivere


Sulla parete del suo ufficio Billy aveva una preghiere incorniciata che esprimeva il suo metodo per tirare avanti, anche se vivere non lo entusiasmava molto. (...). La preghiera diceva così: 
DIO MI CONCEDA LA SERENITÀ DI ACCETTARE
LE COSE CHE NON POSSO CAMBIARE,
IL CORAGGIO DI CAMBIARE QUELLE CHE POSSO
E LA SAGGEZZA DI COMPRENDERE SEMPRE
LA DIFFERENZA.

K. Vonnegut, "Mattatoio n.5"











































Serenità. Da un artista inquieto



Van Gogh, Notte stellata sul Rodano