Contadini, veterinari, gente che ripara gli steccati.
E naturalmente, anche, banditi, violenti, primitivi.
... Sono elementari, primitivi,
spesso non hanno mai aperto un libro,
eppure dopo un po' non riesci
a cacciare questa rovinosa sensazione
che sappiano stare al mondo meglio di te ...
... E' intollerabile.
E io, con tutti i libri che ho letto?
Possibile che debba stare lì come un fesso,
a farmi insegnare a vivere?
E' in quei momenti che io ... finisco per chiedermi:
ma cosa so fare io?
Con tutto quello che ho studiato e fatto,
cosa so fare io, veramente?
Cosa sanno fare gli intellettuali?
(A. Baricco, Una certa idea di mondo)
Gunter Grass
http://letterainternazionale.it/wp-content/uploads/2015/04/grass_68.pdf
W. Szymborska
http://letterainternazionale.it/wp-content/uploads/2015/03/szymborska_53.pdf
Budda insegna il distacco dalle cose e il disimpegno:
E naturalmente, anche, banditi, violenti, primitivi.
... Sono elementari, primitivi,
spesso non hanno mai aperto un libro,
eppure dopo un po' non riesci
a cacciare questa rovinosa sensazione
che sappiano stare al mondo meglio di te ...
... E' intollerabile.
E io, con tutti i libri che ho letto?
Possibile che debba stare lì come un fesso,
a farmi insegnare a vivere?
E' in quei momenti che io ... finisco per chiedermi:
ma cosa so fare io?
Con tutto quello che ho studiato e fatto,
cosa so fare io, veramente?
Cosa sanno fare gli intellettuali?
(A. Baricco, Una certa idea di mondo)
Gunter Grass
http://letterainternazionale.it/wp-content/uploads/2015/04/grass_68.pdf
W. Szymborska
http://letterainternazionale.it/wp-content/uploads/2015/03/szymborska_53.pdf
Budda insegna il distacco dalle cose e il disimpegno:
due cose che sono nella mia natura.
Ma c'è in me, appunto, un irresistibile bisogno
di contraddire a questa mia natura.
Naturalmente un tale bisogno di contraddirmi,
ha bisogno anche di giustificazioni.
Le giustificazioni sono semplici:invoco a giustificarmi
la necessità "civile" di intervenire,
nella lotta spicciola e quotidiana,
per conclamare quella che secondo me è una forma di verità.
Dico subito che non si tratta di una verità affermativa:
si tratta piuttosto di un atteggiamento, di un sentimento,
di una dinamica, di una prassi, quasi di una gestualità:
essa, dunque, non può non essere piena di errori,
e magari anche di qualche stupidità.
... Io non avrò nessun timore
di contraddirmi, o di non proteggermi abbastanza.
P.P.Pasolini, Caos, 6 agosto 1968
Abbiamo un potente mezzo di lotta, la forza della ragione, con la coerenza e la resistenza fisica e morale che essa dà. Con essa dobbiamo lottare senza perdere un colpo. I nostri avversari sono criticamente e razionalmente tanto deboli quanto sono poliziescamente forti, ma non potranno mentire in eterno. Dovranno pur rispondere prima o poi alla ragione con la ragione, alle idee con le idee, al sentimento col sentimento. E allora taceranno. Il loro castello di ricatti, violenza, menzogne crollerà.
P.P.Pasolini, dalla rubrica "Dialoghi con Pasolini", Vie Nuove n. 33, a. XV, 20 agosto 1960
P.P.Pasolini, dalla rubrica "Dialoghi con Pasolini", Vie Nuove n. 33, a. XV, 20 agosto 1960
Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità e la capacità di esprimere ed attuare la sua volontà. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col terrore dell’intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti.
P.P.Pasolini, "Scritti Corsari" , 1975
P.P.Pasolini, "Scritti Corsari" , 1975
I nostri potenti continuano imperterriti i loro sproloqui incomprensibili; in cui galleggiano i ‘flatus vocis’ delle solite promesse stereotipe. In realtà essi sono appunto delle maschere. Son certo che, a sollevare quelle maschere, non si troverebbe nemmeno un mucchio d’ossa o di cenere: ci sarebbe il nulla, il vuoto.
La spiegazione è semplice: oggi in realtà in Italia c’è un drammatico vuoto di potere. Ma questo è il punto: non un vuoto di potere legislativo o esecutivo, non un vuoto di potere dirigenziale, né, infine, un vuoto di potere politico in un qualsiasi senso tradizionale. Ma un vuoto di potere in sé.
P.P.Pasolini, "Corriere della Sera", 1 febbraio 1975
Il rifiuto è sempre stato un gesto essenziale. I santi, gli eremiti, ma anche gli intellettuali. I pochi che hanno fatto la storia sono quelli che hanno detto di no, mica i cortigiani e gli assistenti dei cardinali. Il rifiuto per funzionare deve essere grande, non piccolo, totale, non su questo o quel punto, «assurdo» non di buon senso. Eichmann, caro mio, aveva una quantità di buon senso. Che cosa gli è mancato? Gli è mancato di dire no su, in cima, al principio, quando quel che faceva era solo ordinaria amministrazione, burocrazia. Magari avrà anche detto agli amici, a me quell’Himmler non mi piace mica tanto. Avrà mormorato, come si mormora nelle case editrici, nei giornali, nel sottogoverno e alla televisione. Oppure si sarà anche ribellato perché questo o quel treno si fermava, una volta al giorno per i bisogni e il pane e acqua dei deportati quando sarebbero state più funzionali o più economiche due fermate. Ma non ha mai inceppato la macchina.
(Pasolini, TUTTOLIBRI, numero 2 - 8 novembre 1975, settimanale d'informazione edito da LA STAMPA)
L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo. Essere laici, liberali, non significa nulla, quando manca quella forza morale che riesca a vincere la tentazione di essere partecipi a un mondo che apparentemente funziona, con le sue leggi allettanti e crudeli. Non occorre essere forti per affrontare il fascismo nelle sue forme pazzesche e ridicole: occorre essere fortissimi per affrontare il fascismo come normalità, come codificazione, direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di una società. (P.P. Pasolini, in Vie Nuove 1962)
L' intellettuale è un reietto, nel senso che il sistema lo relega al di fuori di se stesso, lo cataloga, lo discrimina, gli affibbia un cartello segnaletico: onde: o renderlo dannato, o integrarlo. Si sa. Anche se apparentemente un po' meno sfortunato del "povero negro", l'intellettuale vive in sostanza l'identica esperienza di "diversità" del negro. I due sono fratelli nella segregazione, e nella lotta che devono ingaggiare contro il sistema per "limitare" (altro non possono fare) la sua capacità di "catalogarli e integrarli.
(P.P.Pasolini, "Gli studenti di "Ombre Rosse", settimanale "Tempo", n. 51, 14 dicembre 1968.
Ora in: "Saggi sulla politica e sulla società", Meridiani Mondadori, 1999, pp. 1157-1158)
(P.P.Pasolini, "Gli studenti di "Ombre Rosse", settimanale "Tempo", n. 51, 14 dicembre 1968.
Ora in: "Saggi sulla politica e sulla società", Meridiani Mondadori, 1999, pp. 1157-1158)
Liberarsi da questa "mancanza di cultura" o di "interesse culturale" sembra impossibile; infatti essa proviene, probabilmente, da un più generale senso di "paura del futuro". Mai come in questi anni (in cui la "previsione" è divenuta scienza) il futuro è stato fonte di tanta incertezza, così simile a un incubo indecifrabile.
(P.P.Pasolini, "Droga e cultura", settimanale "Tempo", n. 53, 28 dicembre 1968. Ora in: "Saggi sulla politica e sulla società", Meridiani Mondadori, 1999, p. 1169)
(P.P.Pasolini, "Droga e cultura", settimanale "Tempo", n. 53, 28 dicembre 1968. Ora in: "Saggi sulla politica e sulla società", Meridiani Mondadori, 1999, p. 1169)
Noi intellettuali (in questa vicenda molto grave) brilliamo per la nostra assenza. È vero, a cena, in salotto, ne diciamo di cotte e di crude contro la classe politica dirigente, contro la borghesia italiana che la esprime, e, in genere, contro questo piccolo, marginale, provinciale, qualunquistico, miserabile Paese che è l' Italia. Ma noi? Cosa facciamo? Siamo forse migliori? Che cos'è che ci fa essere assenti e muti? La paura? la prudenza? la sfiducia? la pigrizia? l'ignoranza? Sì, tutto questo.
(P.P.Pasolini, [Quasi un testamento], "Colpi di Stato", incontri con Peter Dragadze, "Gente", 17 novembre 1975.Ora in: "Saggi sulla politica e sulla società", Meridiani Mondadori, 1999, pp. 867-868)
(P.P.Pasolini, [Quasi un testamento], "Colpi di Stato", incontri con Peter Dragadze, "Gente", 17 novembre 1975.Ora in: "Saggi sulla politica e sulla società", Meridiani Mondadori, 1999, pp. 867-868)
Il nuovo fascismo non distingue più: non è umanisticamente retorico, è americanamente pragmatico. Il suo fine è la riorganizzazione e l'omologazione brutalmente totalitaria del mondo.
(Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari)
(Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari)
E. Manet, Ritratto di E. Zola |
Dire la verità al potere non è idealismo alla Pangloss: significa soppesare scrupolosamente le alternative, scegliere la migliore e rappresentarla con sapienza. Ogni mia parola testimonia l'importanza che attribuisco all'impegno appassionato dell'intellettuale: ritengo giusto correre rischi, esporsi in prima persona, affermare con forza taluni principi, compromettersi nel pubblico dibattito e nel dare sostegno a cause concrete. La differenza che ho tracciato tra professionisti e dilettanti si fonda precisamente su questo. I primi, appellandosi alla professione e mirando all'oggettività, rivendicano la necessità del distacco; gli altri che non ambiscono a compensi né cercano di soddisfare ambizioni professionali immediate, agiscono sulla spinta di idee e valori che si propongono di affermare con forza nella sfera pubblica. Ogni intellettuale che pratichi l'arte di formulare e rappresentare opinioni, idee, aspira a metterle in opera nella società. Chi dichiara di scrivere soltanto per sé o per puro amore della cultura o della scienza astratta non è credibile, e non deve essere creduto. Nel momento in cui pubblichi i tuoi saggi, entri di fatto nella vita politica; chi non intende fare politica, si astenga dal prendere la parola.
Io che nulla amo più
dello scontento per le cose mutabili,
così nulla odio più del profondo scontento
per le cose che non possono cambiare.
(B. Brecht, "Poesie anteriori all'esilio", in "Poesie", Einaudi, 2014)
Molti pensano che noi ci diamo da fare
nelle faccende più peregrine,
ci affatichiamo in strane imprese
per saggiare la nostra forza o per darne la prova.
Ma in realtà è più nel vero chi ci pensa
intenti semplicemente all’inevitabile:
scegliere la strada più diritta possibile, vincere
gli ostacoli del giorno, evitare i pensieri
che hanno avuto esiti cattivi, e scoprire
quelli propizi, in breve:
aprire la strada alla goccia nel fiume che si apre
la strada in mezzo alla pietraia.
(B. Brecht, "Poesie 1941-1947" in "Poesie", Einaudi, 2014)
A chi esita
Dici:
per noi va male. Il buio
cresce. Le forze scemano.
Dopo che si è lavorato tanti anni
noi siamo ora in una condizione
più difficile di quando
si era appena cominciato.
E il nemico ci sta innanzi
più potente che mai.
Sembra gli siano cresciute le forze. Ha preso
un'apparenza invincibile.
E noi abbiamo commesso degli errori,
non si può più negarlo.
Siamo sempre di meno. Le nostre
parole d'ordine sono confuse. Una parte
delle nostre parole
le ha travolte il nemico fino a renderle
irriconoscibili.
Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto?
Qualcosa o tutto ? Su chi contiamo ancora?
Siamo dei sopravvissuti, respinti
via dalla corrente? Resteremo indietro, senza
comprendere più nessuno e da nessuno compresi?
O contare sulla buona sorte?
Questo tu chiedi.
Non aspettarti nessuna risposta
oltre la tua.
(B. Brecht, "Poesie di Svendborg", in "Poesie", Einaudi, 2014)
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