Piaceri
Il primo sguardo dalla finestra al mattino
il vecchio libro
ritrovato
volti entusiasti
neve, il mutare
delle stagioni
il giornale
il cane
la dialettica
fare la doccia,
nuotare
musica antica
scarpe comode
capire
musica moderna
scrivere, piantare
viaggiare
cantare
essere gentili.
Bertolt Brecht, Piaceri 1954/55
C’è
un episodio della vita di Brecht che bisogna conoscere per capire fino in fondo
Piaceri. Nel 1916, mentre in Europa infuria la Grande Guerra, generata
di nazionalismi feroci, in un commento al verso oraziano dulce et decorum
est pro patria mori, un Brecht giovanissimo prende una netta posizione
contro le politiche nazionalistiche del suo tempo, contro le morti eroiche:
sottolinea che tali affermazioni sono solo frutto di vuota propaganda, vengono
in genere pronunciate da che si sente lontano dalla morte. E quando invece la fine
si avvicina tutti questi eroi gonfi di parole, non esitano invece a darsi alla
fuga, proprio come fece Orazio, che nella battaglia di Filippi scappò e
abbandonò lo scudo, per poi diventare poeta di corte, entrando a far parte del
circolo augusteo coordinato da Mecenate: Brecht condanna Orazio per la sua
collaborazione con un princeps liberticida e lo definisce – certamente
esagerando – il grasso giullare dell’imperatore.
Per
questo episodio Brecht rischiò l’espulsione dalla scuola, in cui rimase solo grazie
all’intervento di persone influenti che chiesero l’archiviazione del fatto.
Nel
tempo le posizioni politiche di Brecht si radicalizzarono fino all’aperta
opposizione alle politiche naziste: fu perseguitato e esiliato. Lasciò Berlino.
Tutta
la poesia di Brecht risente del suo forte impegno politico. Quindi Piaceri
sembra un componimento insolito, non solo perché non ha un messaggio politico,
ma – alla luce di quanto sappiamo della sua esplicita condanna di Orazio –
recupera proprio dal poeta latino che da giovane aveva tanto condannato,
l’invito a cogliere l’essenza della vita nelle gioie quotidiane. Orazio,
infatti, nel carme 11 – il noto carme del Carpe diem – invita con una
semplice metafora, la giovane Leuconoe a flitrare il vino, ad andare
cioè all’essenza delle cose, a ristabilire la gerarchia dei valori, a dare
senso al nostro tempo, alla nostra esistenza.
Alcuni
dei piaceri indicati da Brecht attraverso la tecnica dell’elencazione di
parole-verso (o solo nomi o solo verbi) fanno riferimento al concetto di rinascita,
anche se in senso metaforico.
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Il primo sguardo dalla finestra al
mattino: il nuovo giorno e la prospettiva con cui lo
guardiamo ci predispone verso quotidiane rinascite, ripensamenti,
riappropriazioni di noi stessi, di particolari che ci erano sfuggiti.
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Il vecchio libro ritrovato:
ogni lettura è sempre una rinascita, perché leggendo viviamo le vite
degli altri e in loro riconosciamo una parte di noi. Poi, in particolare, in un
vecchio libro riscopriamo sottolineature e note del passato, attraverso le
quali scopriamo i nostri cambiamenti, le nostre rinascite, le nostre nuove riletture,
diverse interpretazioni.
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Il mutare delle stagioni:
la vita è un eterno rysmos diceva Archiloco nel VII sec. a. C. e dopo ogni
inverno c’è sempre un’estate che rinasce, dopo il buio della notte il sole
sorge ancora. Dal dolore bisogna saper rinascere.
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Essere gentili:
questa è la vera rivoluzione per una rinascita non solo individuale, ma
collettiva, la rivoluzione della gentilezza è quella che potrà dare nuova
forma al mondo.
In
una società ormai preda di conflitti e radicalizzazioni estreme, essere gentili
vorrà dire “lasciare che l’altro sia”, evitare le istintive
prevaricazioni e egolatrie, capire che la gentilezza comincia dalle cose
semplici, dalle parole, quelle che dobbiamo saper ascoltare, quelle che
dobbiamo saper selezionare, quelle non dobbiamo dire perché il silenzio a volte
è una scelta migliore: come diceva ancora Orazio, nescit vox missa reverti,
una parola ormai pronunciata non può più tornare indietro, lascia ferite che
nessun rimorso potrà sanare.
Nell’imparare
a essere gentili è la rinascita di un’umanità nuova.